CASSAZIONE: LA RETRIBUZIONE IMPONIBILE NON PUÒ ESSERE RIDOTTA DALLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE
Con l’Ordinanza n. 30457 del 18 novembre 2025, la Corte di cassazione interviene nuovamente sul tema della retribuzione imponibile ai fini contributivi, affermando un principio di rilievo per aziende e lavoratori: la contrattazione aziendale non può derogare in peius rispetto ai minimi retributivi che concorrono a formare la base imponibile.
Il caso nasce dal ricorso dell’INPS contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva riconosciuto la possibilità di ridurre la base contributiva a seguito della cessazione del contratto integrativo aziendale. Secondo il giudice di secondo grado, venuto meno l’accordo collettivo interno, le indennità previste non avrebbero più dovuto essere considerate nella determinazione della contribuzione dovuta.
La Cassazione ribalta tale conclusione, accogliendo le argomentazioni dell’INPS: l’eliminazione del contratto integrativo non comporta automaticamente la soppressione delle voci retributive già riconosciute nei singoli contratti individuali. Se tali indennità sono entrate stabilmente nel patrimonio professionale del lavoratore, esse devono continuare a essere corrisposte e assoggettate a contribuzione, salvo un diverso e valido accordo modificativo sottoscritto dalle parti.
La pronuncia riafferma così due capisaldi: il principio di irriducibilità della retribuzione e l’impossibilità, per la contrattazione aziendale, di incidere negativamente sulla base imponibile se ciò comporta un peggioramento delle condizioni individuali. Una decisione che conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia previdenziale e tutela la continuità delle componenti retributive maturate dal lavoratore.