RIDERS, SVOLTA NELLE TUTELE: EQUIPARATI AI LAVORATORI DIPENDENTI

È una decisione destinata a cambiare in profondità il panorama del lavoro nella gig economy: i riders, anche se formalmente inquadrati come collaboratori autonomi, avranno diritto alle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati. Una scelta che segna un punto di svolta per migliaia di giovani e meno giovani impegnati ogni giorno nelle consegne a domicilio, spesso in condizioni di precarietà e con scarse garanzie contrattuali.
Il principio stabilito è chiaro: l’assenza di un contratto di lavoro dipendente non può privare il lavoratore di diritti fondamentali, come la copertura assicurativa, la sicurezza sul lavoro, la retribuzione minima e la tutela in caso di malattia o infortunio.
Si tratta di un passo avanti significativo verso una maggiore equità nel mondo del lavoro digitale, dove la distinzione tra autonomia e subordinazione si è fatta sempre più sfumata.
Negli ultimi anni, il tema è stato al centro di numerose controversie giudiziarie e dibattiti politici. Le piattaforme digitali hanno basato il proprio modello di business su rapporti flessibili, sostenendo che i riders operassero come liberi professionisti. Tuttavia, la realtà quotidiana racconta spesso un’altra storia: turni imposti, percorsi suggeriti dalle app, controlli e valutazioni continue. Elementi che, di fatto, delineano un rapporto di subordinazione.
Con il riconoscimento delle tutele, cambia lo scenario non solo per i lavoratori ma anche per le aziende del settore, che dovranno adeguare contratti, assicurazioni e contributi. È una misura che spinge verso un mercato più trasparente e sostenibile, dove la flessibilità non sia sinonimo di precarietà.
Per le associazioni di categoria, si tratta di un segnale positivo: il lavoro, in qualsiasi forma venga svolto, deve essere dignitoso e protetto. Un principio che oggi trova finalmente un nuovo e concreto riscontro anche per chi pedala ogni giorno sulle strade delle nostre città.
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