CONSULTA SU QUOTA 100: NESSUNA ILLEGITTIMITÀ, MA IL DIVIETO DI CUMULO RESTA SENZA “DIRITTO VIVENTE

La Corte costituzionale ha affrontato nuovamente la questione del divieto di cumulo tra redditi da lavoro e trattamento pensionistico nell’ambito di Quota 100, chiarendo che non sussistono profili di illegittimità costituzionale nelle norme che lo prevedono. La Consulta ha ritenuto che la disciplina introdotta con l’obiettivo di favorire il ricambio generazionale nel mondo del lavoro e di rendere sostenibile il sistema previdenziale non violi i principi di uguaglianza e ragionevolezza. Secondo i giudici, infatti, il legislatore dispone di un ampio margine di discrezionalità nel modulare l’accesso alle prestazioni pensionistiche e nel porre limiti connessi alla contemporanea percezione di redditi da lavoro. Tuttavia, la Corte ha precisato che, allo stato, non si può ancora parlare di un “diritto vivente” in materia, poiché le interpretazioni giurisprudenziali non risultano consolidate e il tema resta aperto a differenti letture da parte dei giudici di merito. Questo significa che, pur essendo legittima la scelta normativa, non esiste ancora un orientamento univoco sull’applicazione concreta del divieto di cumulo, soprattutto nei casi in cui si intrecciano attività lavorative residuali o saltuarie. La decisione conferma la linea di prudenza della Consulta, che evita di sostituirsi al legislatore nel valutare l’opportunità delle misure previdenziali, limitandosi a verificare la loro coerenza con i principi costituzionali. In tal modo, la Corte ribadisce che l’equilibrio del sistema pensionistico e la tutela dell’interesse collettivo possono giustificare restrizioni temporanee ai diritti individuali, purché non arbitrarie né discriminatorie. Resta dunque fermo il divieto di cumulo per chi ha scelto l’uscita anticipata con Quota 100, ma il dibattito sulla sua effettiva portata applicativa e sul futuro delle pensioni flessibili rimane ancora aperto.

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