IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI: CIÒ CHE CONTA È LA CHIAMATA ALL’EREDITÀ, NON L’ACCETTAZIONE

Di conseguenza, l'erede sarà tenuto al pagamento dell'imposta anche in relazione alla successione aperta in precedenza e la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell'art. 479 c.c..
Dopo la presentazione di una serie di dichiarazioni successorie integrative, l'Agenzia delle Entrate liquidava l'imposta di successione e provvedeva alla notifica agli eredi e ai legatari dell'avviso di liquidazione ove si indicava l'importo dell'imposta complessivamente dovuta. Considerato che il fratello della de cuius era deceduto il giorno successivo alla medesima senza prima accettarne l'eredità, i suoi figli proponevano ricorso contro l'avviso di liquidazione ove erano stati indicati anch'essi come eredi legittimi della donna, e quindi responsabili del pagamento dell'imposta in quanto eredi del padre. Essi dovevano invece considerarsi eredi diretti della stessa, posto che, non avendo avuto il padre nemmeno il tempo di accettare l'eredità della sorella, tale diritto è stato trasmesso ai figli. La CTP di Venezia accoglieva il ricorso, e così anche la CTR a seguito di gravame.
Propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, assumendo l'erronea individuazione del soggetto passivo dell'imposta di successione da parte della CTR.
Con la sentenza n. 18252 del 4 luglio 2025, la Cassazione delinea il quadro normativo vigente ratione temporis e dichiara il ricorso fondato, affermando il principio di diritto secondo cui:
«In tema di imposta sulle successioni, presupposto dell'imposizione tributaria è la chiamata all'eredità e non già l'accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l'eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l'erede è tenuto al pagamento dell'imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell'art. 479 c.c.».
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza (ud. 9 aprile 2025) 4 luglio 2025, n. 18252