OMESSA RESTITUZIONE DOCUMENTI AL CLIENTE: ILLECITO PERMANENTE PER L'AVVOCATO
Il Consiglio Nazionale Forense ribadisce che la violazione dell'art. 33 del CDF costituisce un illecito deontologico permanente La violazione dell'art. 33 cdf (Restituzione di documenti) costituisce un illecito deontologico permanente. Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 196/2024, pubblicata il 16 ottobre scorso sul sito del Codice deontologico. Di conseguenza: il relativo dies a quo prescrizionale va individuato nel momento cui: 1) il professionista ponga fine all'omissione ovvero effettui il comportamento positivo dovuto, oppure 2) sollecitato in tal senso, opponga il rifiuto affermando l'asserita legittimità del proprio contegno, con la precisazione che tale diritto debba essere rivendicato espressamente nei confronti dell'altra parte contrattuale (cliente/parte assistita) e non nelle difese contro la pretesa punitiva dello Stato esercitata con il processo penale ovvero in sede disciplinare; 3) in ogni caso, al fine di evitare una irragionevole imprescrittibilità dell'illecito stesso, un "limite alternativo" alla sua permanenza deve essere individuato nella decisione disciplinare di primo grado. Alla luce di questi principi, il CNF ha rigettato il ricorso dell'avvocato avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del distretto della Corte d'Appello di Bari che l'ha ritenuto responsabile della violazione deontologica, infliggendogli la sanzione disciplinare del richiamo verbale.