PERMESSI PREMIO: LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA PREVALE SULLA PRECLUSIONE AUTOMATICA

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 24/2025, ha dichiarato incostituzionale la norma che impediva la concessione di permessi premio a detenuti imputati o condannati per reati commessi durante l’esecuzione della pena. La preclusione automatica, basata sulla sola imputazione, viola il principio della presunzione di innocenza e impedisce una valutazione
individualizzata da parte del magistrato di sorveglianza, contravvenendo alla funzione rieducativa della pena sancita dalla Costituzione.
La Consulta, con la sentenza n. 24/2025, ha dichiarato l’incostituzionalità della norma che vietava per due anni la concessione di permessi premio ai detenuti imputati o condannati per un reato commesso durante l’esecuzione della pena.
Il caso che ha sollevato la questione ha visto un detenuto, in carcere dal 2017, chiedere di essere ammesso a un permesso premio. La sua richiesta è stata respinta a causa dell’art. 30-ter, c. 5, della legge sull’ordinamento penitenziario, che stabiliva un divieto assoluto per i detenuti che fossero stati imputati o condannati per reati commessi durante la pena. Il detenuto, infatti, era stato rinviato a giudizio per aver tentato di introdurre droga nel carcere un anno prima. Il magistrato di sorveglianza, ritenendo la norma incompatibile con i principi costituzionali, ha deciso di rimandare la questione alla Corte costituzionale.
La Corte precisa che secondo la presunzione di non
colpevolezza, che prevede che un imputato non possa essere trattato come colpevole fino a una condanna definitiva, implica che non si possa presupporre la colpevolezza di una persona in assenza di una sentenza definitiva di condanna. La Consulta ha sottolineato come la norma in questione, basandosi esclusivamente sull’imputazione, comporti un trattamento incompatibile con il principio della presunzione di non colpevolezza, in quanto obbliga il giudice a considerare l’imputato come colpevole senza averlo sentito, senza valutare la veridicità dell’accusa e senza consentirgli di difendersi adeguatamente.
Inoltre, la Corte ha richiamato il principio rieducativo della pena, che impone una valutazione personalizzata dei progressi fatti dal detenuto durante l’esecuzione della pena e della sua pericolosità residua. Questo principio esige che il magistrato di sorveglianza abbia la libertà di compiere una valutazione individualizzata, anche quando il detenuto sia stato condannato per reati commessi durante la pena, considerando il caso concreto, l’evoluzione del detenuto e le sue condizioni di reintegrazione nella società.
Pertanto, la norma che vietava la concessione del permesso premio in modo automatico, senza lasciare spazio a tale valutazione, è stata considerata incompatibile con i principi costituzionali.
La Consulta, con la sentenza in commento, ha quindi concluso che la preclusione automatica alla concessione dei permessi premio, basata esclusivamente sull’imputazione, sottrae al magistrato di sorveglianza la possibilità di valutare il caso concreto, impedendo una decisione giuridicamente ponderata e violando il diritto di difesa del detenuto, che è strettamente legato alla presunzione di innocenza. Pertanto, la norma è stata dichiarata incostituzionale.
Corte costituzionale, sentenza (ud. 30 gennaio 2025) 7 marzo 2025, n. 24
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