CHIUSURA DELLE ATTIVITÀ PER IRREGOLARITÀ FISCALI: IL COMUNE PUÒ INTERVENIRE SOLO IN CASO DI VIOLAZIONI GRAVI E ACCERTATE

Il tema della chiusura delle attività produttive per irregolarità fiscali è spesso fonte di dubbi e preoccupazioni tra imprenditori e commercianti. In realtà, la normativa in materia stabilisce con chiarezza che i Comuni non hanno un potere illimitato di sospendere o revocare le autorizzazioni al semplice riscontro di un’inadempienza tributaria. L’intervento può avvenire soltanto in presenza di violazioni gravi, reiterate e soprattutto definitivamente accertate.
Questo significa che un’attività non può essere chiusa per un semplice ritardo nei pagamenti o per una contestazione ancora in corso. È necessario che vi sia una decisione definitiva dell’autorità competente, capace di attestare l’effettiva irregolarità e la sua gravità. Solo in questi casi l’amministrazione comunale può adottare provvedimenti restrittivi, a tutela del rispetto delle regole e della concorrenza leale tra operatori.
Il principio di proporzionalità è centrale: da un lato vi è l’esigenza di contrastare l’evasione fiscale e garantire l’equità; dall’altro quella di non compromettere l’attività economica di chi si trova in difficoltà momentanee o di chi ha ancora aperte possibilità di ricorso. In questo equilibrio risiede la differenza tra un provvedimento legittimo e un abuso di potere.
Per imprese e professionisti è quindi fondamentale conoscere i propri diritti e distinguere tra un accertamento provvisorio e uno definitivo. Solo in quest’ultimo caso il Comune può arrivare a disporre la sospensione o la chiusura dell’attività.