TRASFERTE E CONTRIBUTI: LA CASSAZIONE RICHIAMA I LIMITI FISCALI

In una controversia avente ad oggetto l'assoggettamento a contribuzione previdenziale delle somme corrisposte a un dipendente a titolo di indennità di trasferta, la Suprema Corte, con l'Ordinanza n. 15056 del 5 giugno 2025, ha affermato che l'esonero contributivo previsto dall'art. 51, c. 5, del D.P.R. n. 917/1986 non opera automaticamente, ma richiede un accertamento specifico sulle concrete modalità della prestazione lavorativa e sull'ammontare effettivo delle indennità erogate. La Corte ha precisato che, trattandosi di una deroga al principio generale secondo cui tutte le somme percepite in costanza di rapporto di lavoro concorrono a formare il reddito da assoggettare a contribuzione, grava sul datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza dei presupposti per il beneficio, inclusi i limiti quantitativi e la natura documentata delle spese rimborsate. In mancanza di tale prova, il giudice non può escludere l'obbligo contributivo, neppure quando non ricorrano i requisiti del cosiddetto “trasfertismo” di cui al comma 6 del medesimo articolo.