DIMISSIONI PER COMPORTAMENTO CONCLUDENTE: QUALI CONSEGUENZE SULLA NASPI SECONDO L’INPS
La circolare n. 154 del 22 dicembre 2025 interviene a fare chiarezza su una fattispecie sempre più rilevante nel diritto del lavoro: le dimissioni per comportamento concludente e le loro conseguenze sull’accesso alla NASpI. La disciplina, introdotta dall’articolo 19 della Legge n. 203/2024, definisce i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro può avvenire non attraverso un atto formale, ma mediante comportamenti inequivoci del lavoratore incompatibili con la prosecuzione del rapporto.
Si tratta, in sostanza, di situazioni in cui l’assenza ingiustificata prolungata o altre condotte concludenti manifestano una volontà chiara di interrompere il rapporto di lavoro, anche in assenza di dimissioni presentate con le modalità telematiche ordinarie. In questi casi il datore di lavoro può attivare la procedura di risoluzione del rapporto, purché siano rispettate le condizioni previste dalla legge e adeguatamente documentate.
Sul piano previdenziale, l’INPS chiarisce che la risoluzione per fatti concludenti è assimilata alle dimissioni volontarie. Ne consegue che, salvo le ipotesi espressamente tutelate dall’ordinamento, il lavoratore non ha diritto all’indennità di disoccupazione NASpI, in quanto manca il requisito della cessazione involontaria del rapporto. L’istituto sottolinea tuttavia l’importanza di una corretta qualificazione della fattispecie, poiché eventuali irregolarità procedurali o contestazioni potrebbero incidere sulla valutazione finale del diritto alla prestazione.