STOP AI BUONI PASTO? SE MANCA LA MOTIVAZIONE IL DANNO VA RISARCITO

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 20040 del 18 luglio 2025, precisa che nel pubblico impiego contrattualizzato, la natura assistenziale e non retributiva dei buoni pasto non esclude che, una volta attivata la loro erogazione da parte dell'amministrazione e consolidatasi come parte del trattamento di fatto riconosciuto ai dipendenti, la soppressione del beneficio debba avvenire nel rispetto dei principi di correttezza, buona fede e trasparenza amministrativa. Ne consegue che l'ente datore di lavoro non può procedere alla revoca unilaterale e immotivata del servizio senza esplicitare le ragioni sopravvenute che giustifichino tale scelta, come l'indisponibilità delle risorse o la necessità di destinarle ad altri fini prioritari, e senza un adeguato confronto con le organizzazioni sindacali. In difetto, il dipendente ha diritto al risarcimento del danno, quantificabile anche in relazione al valore economico del beneficio soppresso, in ragione della lesione dell'affidamento legittimo maturato.

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