RESPONSABILITÀ FISCALE DELLA SOCIETÀ ANCHE CON AMMINISTRATORE DI FATTO: ORDINANZA DELLA CASSAZIONE
La Corte di cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio di rilievo nel campo del diritto tributario e societario: la società resta responsabile delle violazioni fiscali anche quando la gestione effettiva è esercitata da un amministratore di fatto. Tale affermazione consolida un orientamento giurisprudenziale che valorizza la natura autonoma della persona giuridica rispetto alle modalità concrete della sua amministrazione. In altre parole, l’ente collettivo non può sottrarsi alle proprie obbligazioni fiscali adducendo che le scelte operative o gestionali siano state compiute da un soggetto privo di formale investitura. La funzione dell’amministratore di fatto, per quanto irregolare sul piano formale, si traduce comunque in un’attività di rappresentanza e direzione che produce effetti giuridici in capo alla società stessa. L’ordinanza evidenzia come le sanzioni fiscali, in quanto correlate alla violazione di obblighi tributari imputabili all’ente, non vengano trasferite automaticamente alla persona fisica che ha agito, ma restino primariamente a carico della società, salvo che ricorrano le condizioni per una responsabilità personale diretta, da accertarsi in via autonoma. In tal modo si tutela l’interesse dell’amministrazione finanziaria alla certezza dei rapporti tributari e alla effettiva riscossione dei tributi, evitando che l’uso di figure di fatto consenta di eludere la responsabilità fiscale. Al tempo stesso, la decisione non esclude la possibilità di perseguire l’amministratore di fatto per eventuali comportamenti dolosi o gravemente colposi che abbiano determinato l’inadempimento, ma ciò avviene sul piano della responsabilità personale, distinta da quella dell’ente. Il principio sotteso è che la soggettività fiscale della società permane indipendentemente dalle vicende interne che riguardano la gestione. L’amministratore di fatto non spezza il nesso tra l’attività societaria e gli obblighi tributari, perché agisce comunque nell’interesse o nel nome della società, anche in assenza di formale nomina. Pertanto, le irregolarità gestionali o la mancanza di organi sociali regolarmente nominati non possono costituire una causa di esclusione della responsabilità fiscale dell’ente. Con questa ordinanza, la Cassazione conferma una linea interpretativa rigorosa, volta a impedire che la disorganizzazione o la gestione occulta diventino strumenti per sottrarsi agli obblighi tributari. La società resta, dunque, il centro di imputazione principale di imposte, sanzioni e interessi, mentre l’eventuale individuazione di un amministratore di fatto rileva ai fini della responsabilità personale ma non incide sull’autonomia patrimoniale e fiscale dell’ente. Il messaggio della Suprema Corte è chiaro: la forma giuridica societaria comporta diritti ma anche responsabilità, e l’uso distorto di figure di fatto non attenua il dovere di correttezza e trasparenza nei rapporti con l’erario.