LA SOLA MOTIVAZIONE ECONOMICA NON SCONGIURA IL LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO

La semplice motivazione economico organizzativa, seppur legittima, non è di per sé sufficiente a scongiurare l'ipotesi di licenziamento discriminatorio laddove ad esser licenziato è un soggetto rientrante nelle categorie protette di cui alla Legge n. 104 del 1992. Questo è quanto ha affermato la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 460 del 2025, riguardo ad un licenziamento che coinvolgeva una manager aziendale rientrante nelle categorie protette. La lavoratrice in questione era stata licenziata adducendo esclusivamente motivi di carattere economico, all'infuori della sua disabilità non c'erano motivi ulteriori che potessero far presumere un licenziamento legittimo. In capo al datore di lavoro sorge l'onere di provare che il recesso datoriale non sia stato dettato dalla disabilità del dipendente, ma da motivi aggiunti e ulteriori rispetto alla mera necessità di riorganizzazione aziendale. Se il datore non assolve il suddetto onere probatorio si configura una discriminazione per handicap con conseguente lesione del principio di parità. Vale a dire che c'è una differenza tra il trattamento sfavorevole che il dipendente ha ricevuto in quanto portatore di handicap e il trattamento che gli sarebbe stato riservato se la sua condizione personale oggettiva non fosse stata considerata dal datore.

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