IL LAVORATORE IN PERMESSO 104 PUÒ FARE SPORT

Per la Cassazione, è illegittimo il suo licenziamento anche con le prove del detective incaricato dall'azienda

LA VICENDA
Una lavoratrice chiede ed ottiene i permessi di cui alla legge 104 per assistere la suocera malata. Nelle giornate in cui beneficia di tali permessi, esce per fare una corsetta/camminata veloce per un tempo variabile tra i 30 ed i 120 minuti, anche in ragione del fatto che è affetta da asma bronchiale.
Il datore di lavoro - che ha incaricato un investigatore privato di verificare il corretto utilizzo dei permessi in questione - ottenute le prove di quanto precede, licenzia la donna. Quest'ultima impugna il licenziamento e la vicenda giunge sino alla Suprema Corte.
LA NORMA
L'utilizzo in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile può costituire giusta causa di licenziamento, rappresentando una violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso (Cassazione n. 4984/2014 - 8784/2015 - 5574/2016 - 9217/2016 -17968/2016 - 9749/2016 - 23891/2018 - 8310/2019 - 1394/2020). L'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l'assistenza al disabile, in quanto il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro. Ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, si è in presenza di un uso improprio e, quindi, di un abuso del diritto (Cassazione n. 17102/2021 - 19580/2019 - 8310/2019 - 17968/2016). Tale comportamento integra, inoltre, violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro sia dell'ente assicurativo.
CONSIDERAZIONI GENERALI
I permessi in questione sono concessi su base giornaliera e non oraria, vale a dire che la fruizione del permesso e la prestazione di assistenza non devono necessariamente coincidere con l'orario di lavoro. Ciò in quanto prevale una
funzionalità tra il godimento del permesso e le necessità, gli oneri, le incombenze
che connotano l'attività di assistenza delle persone disabili. È quindi determinante, ai fini della corretta valutazione del rispetto normativo, l'esistenza di un diretto e rigoroso nesso causale tra la fruizione del permesso e l'assistenza alla persona disabile, da intendere, però, non in senso così rigido da imporre al lavoratore il sacrificio delle proprie esigenze personali e familiari in senso lato, ma piuttosto quale chiara ed inequivoca funzionalizzazione del tempo sottratto al lavoro con la soddisfazione dei bisogni della persona disabile. Ciò senza automatismi o rigide misurazioni dei segmenti temporali dedicati all'assistenza in relazione all'orario di lavoro (Cassazione n. 19580/2019 - 21520/2019 - 30676/2018 - 23891/2018 - 20098/2017 - 7306/2023).
IL PROVVEDIMENTO
Nel caso che ci riguarda la Corte ha ritenuto che la funzione di assistenza al disabile non fosse venuta meno solo perché, nell'ambito dell'intera giornata, la dipendente ha riservato alle proprie esigenze personali un limitato lasso di tempo utile per il recupero delle energie spese nell'attività svolta in favore della persona con grave handicap. A maggior ragione considerando che la camminata veloce era utile per la cura della patologia cui era affetta la lavoratrice, e che nel corso della sua assenza per praticare attività sportiva la donna era in contatto telefonico con la badante e quindi, in qualche modo, assicurava la sua seppur indiretta assistenza alla suocera.
L'ESITO
Per quanto precede la Suprema Corte - con l'ordinanza numero 14763 del 1° giugno 2025 - ha ritenuto illegittimo il licenziamento, e confermato il reintegro al lavoro della donna con conseguente ristoro economico.

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