IL LAVORATORE CHE UTILIZZA I PERMESSI 104 PER UN GIRO IN BICI PUÒ ESSERE LICENZIATO

L'investigatore privato incaricato dall'azienda documenta come il dipendente utilizzi le ore di permesso per allenarsi e coltivare la sua passione per il ciclismo.
LA VICENDA
Un lavoratore - dalle 13 alle 15 - usufruisce dei permessi 104 per assistere la madre disabile. In tale fascia oraria il predetto, però, rientra in casa, si cambia e, abbigliato di tutto punto, esce in bici da corsa e si allena. La circostanza è riscontrata e documentata dall'investigatore privato incaricato dall'azienda, il quale assiste sempre alla suddetta routine in tutte e 6 le giornate in cui riferisce di aver eseguito il controllo.
IL RICORSO E LE SENTENZE
L'azienda ha quindi proceduto al licenziamento, che è stato confermato sia dal Tribunale sia dalla Corte di Appello alle quali si era rivolto il lavoratore. Entrambe hanno riscontrato come tale comportamento fosse caratterizzato da una preordinata reiterazione e sistematicità della condotta, desunta dal numero e dalla frequenza degli episodi. Sostanzialmente, i giudici hanno rilevato come il lavoratore utilizzasse tutto o parte del tempo di cui al permesso di specie per i suoi allenamenti. La sistematicità della condotta (definita "disinvolta") ha denotato un utilizzo improprio abituale dei permessi in questione, ed un disvalore tale da giustificare il massimo provvedimento sanzionatorio.
LA CASSAZIONE
La Suprema Corte, cui si è rivolto il lavoratore, non ha potuto far altro che confermare i precedenti provvedimenti. Le argomentazioni dell'uomo sono state ritenute prive di pregio. Il controllo degli investigatori privati non ha violato in alcun modo la riservatezza del lavoratore, e ben può ritenersi legittimo giacché oggetto dell'accertamento non è stata la quantità o qualità della
prestazione lavorativa, bensì il legittimo utilizzo dei permessi in questione, al fine esclusivo, quindi, di tutelare il patrimonio aziendale. Proprio per tali ragioni, non è neppure lontanamente ipotizzabile - come ha invece sostenuto il ricorrente - che possa esserci stata una violazione delle norme a presidio dei lavoratori. Ragioni per cui, ribadendo una consolidata giurisprudenza, con la sentenza numero 2157 del 30 gennaio 2025, i giudici hanno confermato il massimo provvedimento emesso nei confronti del ricorrente.
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