CONFERMATO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE IGNORA LE LIMITAZIONI SANITARIE
Il licenziamento di un dipendente che, durante un periodo di malattia o di limitazione fisica certificata, svolge attività incompatibili con le prescrizioni mediche è da ritenersi legittimo. Tale principio si fonda sull’articolo 2119 del Codice Civile, che disciplina la giusta causa di licenziamento, e sull’articolo 2104, che impone al lavoratore il dovere di diligenza e di fedeltà nei confronti del datore di lavoro. L’azienda, infatti, ha il diritto di tutelarsi quando il comportamento del dipendente mina il rapporto fiduciario, elemento essenziale del contratto di lavoro. Quando un lavoratore, pur dichiarandosi
temporaneamente inabile, intraprende attività sportive o fisiche che contrastano con le indicazioni del medico, viene meno non solo il rispetto delle proprie condizioni di salute, ma anche l’obbligo di correttezza verso il datore di lavoro. Tale condotta, infatti, può far presumere che la malattia sia simulata o che la guarigione sia ostacolata, con conseguente danno per l’azienda. In questi casi, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giusta causa senza preavviso, poiché la fiducia viene irrimediabilmente compromessa. Non è necessario dimostrare che l’attività sportiva abbia effettivamente peggiorato lo stato di salute, ma è sufficiente che essa sia oggettivamente incompatibile con le limitazioni mediche indicate. Il principio di buona fede, sancito dall’articolo 1175 del Codice Civile, impone infatti che entrambe le parti agiscano lealmente nel rapporto di lavoro. Ignorare tali prescrizioni costituisce una violazione grave, capace di giustificare il recesso immediato. Il lavoratore, dunque, deve attenersi rigorosamente alle indicazioni sanitarie e mantenere un comportamento coerente con la propria condizione, consapevole che ogni condotta contraria può determinare la perdita del posto di lavoro.
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