BONUS BEBÉ E ASSEGNO MATERNITÀ: NOVITÀ DALLA CONSULTA.

La Corte costituzionale giudica illegittima l'esclusione dei cittadini extracomunitari non soggiornanti di lungo periodo dagli assegni di natalità e maternità. Sentenza n. 54-2022.

Il bonus bebé ovvero l'assegno di natalità legge n. 190 2014 e l'assegno di maternità dei Comuni (D.lsg .151 2001)   vanno assicurati a tutti i cittadini legalmente residenti nel territorio nazionale con qualsiasi titolo di soggiorno, a tutela dei diritti dei più bisognosi. Lo afferma la Corte Costituzionale nella sentenza n. 54 dell'11 gennaio 2022, pubblicata in G.U. 1ª s.s. - Corte Costituzionale n. 10 del 9 marzo 2022  allegata  QUI e in fondo all'articolo.)

 Il giudizio si fonda sugli artt. 3, 31 e 117, primo comma della Costituzione Italiana e sulla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, artt. 20, 21, 24, 33 e 34.

Come già  successo per il bonus asilo nido, la Corte costituzionale su richiesta della Cassazione stigmatizza la limitazione dei contributi per la natalità e l'infanzia ai residenti stranieri con permesso di lungo periodo .

Da segnalare che le norme sono state superate con la legge 238 2021 sull'Assegno Unico

Ma andiamo con ordine e vediamo in dettaglio la posizione della Corte e delle parti avverse, Stato e INPS

Va ricordato innanzitutto che:

  1. l'assegno di natalità cd bonus bebe è il contributo mensile per tutti i figli nati o adottati a partire dal 2015, modulato sull'ISEE e piu volte modificato fino ad oggi, abrogato da marzo 2022 dal d.lgs 230 2021 che ha istituito l'assegno Unico Universale 

  2. l'assegno di maternità invece si rivolge   alle donne che non   godono di nessuna delle indennità di maternità previste per le lavoratrici sia dipendenti che autonome dal d.lgs. n. 151 del 2001.   La prestazione legata al reddito del nucleo familiare   di appartenenza della donna, e' concessa dai Comuni e corrisposta dall'INPS.

BONUS BEBÈ E ASSEGNO DI MATERNITÀ DEI COMUNI AI CITTADINI LEGALMENTE SOGGIORNANTI IN ITALIA

La Corte di cassazione, sezione lavoro, con diverse ordinanze già nel 2019 aveva posto questioni   di   legittimità costituzionale sulle norme che subordinano il riconoscimento dell'assegno di natalità e assegno di maternità al possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. in quanto non rispetterebbero il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), perché penalizza proprio chi, sprovvisto dei requisiti per conseguire il permesso in esame (soggiorno in Italia per almeno cinque anni, reddito minimo, alloggio idoneo, conoscenza della lingua italiana), versa in condizioni di più grave bisogno.  Inoltre, in contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost., violerebbe il diritto dei bambini «alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere».

In tutti i giudizi l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) cosi come la presidenza del Consiglio si erano opposti in quanto le norme risponderebbero    all'esigenza   di incrementare il tasso di natalità e non sarebbero finalizzato a tutelare bisogni primari della persona. Per questo non è irragionevole né lesiva dell'art. 117 Cost. la previsione di «un requisito temporale di residenza nel territorio» e di "un legame tendenzialmente stabile con la comunità". Inoltre, affermava la presidenza del Consiglio, vanno tenute in considerazione le limitate risorse finanziarie disponibili   anche alla luce della disciplina europea che impone agli Stati membri la rigorosa osservanza dell'equilibrio di bilancio. 

La decisione della Consulta 

La corte costituzionale osserva  invece che " Entrambe le provvidenze si prefiggevano di concorrere a rimuovere  gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la  libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art. 3, secondo comma, Cost.), e, in particolare, rappresentano attuazione dell'art. 31 Cost., che impegna  la Repubblica ad agevolare con misure economiche la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi,  con particolare riguardo alle famiglie numerose, e a proteggere la  maternità, l'infanzia e la gioventù"

 Al contrario le limitazioni oggetto di analisi "pregiudicano proprio i diritti dei lavoratori che versano in condizioni di bisogno più pressante, "afferma la consulta. Inoltre " i contributi in esame   sono finalizzati a sostenere le famiglie in un momento di bisogno " in una stagione della vita - quella della nascita di un bambino o l'arrivo in una famiglia adottiva, per la quale l'eventuale contributo fornito dalla famiglia stessa alla comunità non è rilevante

Questo le motivazioni per cui viene dichiarata l'illegittimità costituzionale:

  1. dell'art. 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014, nella formulazione antecedente alle modificazioni introdotte dall'art. 3, comma 4, della legge n. 238 del 2021, (sull'assegno di natalità)

  2. dell'art. 74 del d.lgs. n. 151 del 2001, nel testo antecedente all'entrata in vigore dell'art. 3, comma 3, lettera a), della legge n. 238 del 2021 (assegno di maternità) 

nella parte in cui escludono:

  •  i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale e

  • i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002.

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