AUTOTRASPORTO: UNA SENTENZA APRE LA STRADA A POSSIBILI IMPORTANTI CAMBIAMENTI

Il mondo dell’autotrasporto è costantemente alle prese con problematiche complesse legate alla gestione del lavoro degli autisti di mezzi pesanti.
Una delle questioni più dibattute riguarda il riconoscimento del lavoro straordinario quando l’attività è caratterizzata da tempi di guida alternati a pause, attese e inattività.
Una recente sentenza, la n. 146/2025 della Corte di Appello L’Aquila, ha chiarito un principio importante: non tutto il tempo trascorso in servizio da un autista rientra automaticamente nell’orario di lavoro effettivo.
Solo ciò che può essere dimostrato con precisione e documentazione adeguata può dare diritto al pagamento dello straordinario.
AUTOTRASPORTO E STRAORDINARIO: COME CAMBIA IL CALCOLO DELLE ORE
Nel settore dell’autotrasporto, molti autisti di mezzi pesanti svolgono attività su lunghe tratte extraurbane, spesso soggette a pause obbligatorie, attese nei punti di carico e scarico, e periodi di inattività. In queste condizioni, il lavoro è definito “discontinuo”, ed è regolato da norme specifiche.
In particolare, per gli autisti coinvolti in questo tipo di organizzazione del lavoro, il limite settimanale dell’orario non è di 39 ore, ma di 47 ore, come previsto dall’articolo 11-bis del CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione.
Ciò significa che il riconoscimento del lavoro straordinario avviene solo oltre questa soglia e deve essere dimostrato in modo dettagliato.
Lavoro straordinario autisti mezzi pesanti autotrasporto: serve la prova certa
Secondo i giudici, un autista di mezzi pesanti dell’autotrasporto che richiede il pagamento del lavoro straordinario deve fornire elementi chiari, numerici e verificabili: orari precisi di inizio e fine guida, durata delle pause, tempi di inattività, e eventuali attività accessorie svolte.
La sola indicazione del tempo trascorso “in viaggio” o la presenza in servizio non è sufficiente.
I documenti come i dischi cronotachigrafici o i fogli di viaggio, da soli, non bastano: serve una ricostruzione puntuale del lavoro effettivamente svolto. Solo così si può dimostrare che l’autotrasportatore ha superato l’orario contrattuale e ha diritto alle indennità aggiuntive.
Gli autisti non sono sempre “al lavoro” anche se sono in servizio
Un concetto chiave ribadito nella sentenza è che il tempo di presenza non equivale automaticamente al tempo di lavoro.
Nell’autotrasporto merci, specialmente quando si lavora su tratte lunghe o internazionali, ci sono lunghi periodi in cui l’autista è in attesa, a riposo, o comunque non operativo.
Durante questi momenti, se il conducente è libero di gestire il proprio tempo, ad esempio andando al bar o dormendo nel camion, non si tratta di lavoro retribuibile come straordinario.
Questa distinzione è fondamentale per le imprese di trasporto e per gli stessi lavoratori, perché definisce con chiarezza cosa rientra nell’orario lavorativo e cosa no.
AUTOTRASPORTO: CONSEGUENZE PRATICHE PER AZIENDE E AUTISTI
La sentenza rafforza un principio ormai consolidato: nell’autotrasporto, per ottenere il riconoscimento del lavoro straordinario è necessario dimostrare con esattezza di aver lavorato oltre le 47 ore settimanali previste per le attività discontinue.
Per gli autisti di mezzi pesanti significa prestare attenzione alla raccolta delle evidenze: cronotachigrafi, fogli di marcia, eventuali ordini di servizio e testimonianze.
Per le aziende di autotrasporto, invece, si conferma la necessità di
regolamentare in modo chiaro le modalità di lavoro, distinguendo tra tempo di guida effettiva e tempo passivo.

TOP