TRASFERITO A 50 KM DA CASA: IL LAVORATORE VA RISARCITO SE COSTRETTO A USARE L’AUTO PRIVATA

Un medico trasferito in una sede distante 50 km dalla propria residenza ha diritto al rimborso delle spese di viaggio, se l'uso dell'auto privata è l'unica soluzione praticabile. Lo afferma la Cassazione, evidenziando l'obbligo del datore di lavoro di provare alternative praticabili per evitare i disagi.
Un medico, dipendente di un'azienda sanitaria, è stato trasferito a una nuova sede di lavoro situata a circa 50 chilometri dalla sua abitazione, mentre in precedenza lavorava a pochi chilometri da casa.
A seguito di questo spostamento, ha iniziato a utilizzare la propria auto per recarsi sul posto di lavoro, sostenendo che il tragitto con i mezzi pubblici fosse eccessivamente lungo e scomodo.
Nel presentare ricorso, il lavoratore ha chiesto all'ASL il rimborso delle spese chilometriche e il riconoscimento della retribuzione per il tempo impiegato nei viaggi quotidiani, come previsto dal contratto collettivo nazionale per le missioni in sedi diverse da quella abituale. La Corte d'appello, però, gli aveva negato il risarcimento.
Con l'ordinanza n. 18903 del 10 luglio 2025, la Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha dato ragione al medico, stabilendo che spetta al datore di lavoro, in questo caso l'ASL, dimostrare che il dipendente avrebbe potuto evitare il disagio con un comportamento diligente o adottando soluzioni alternative.
Non avendo fornito tale prova, l'azienda sanitaria non può esimersi dal rimborso delle spese sostenute dal lavoratore. La Cassazione ha inoltre sottolineato che nella sentenza d'appello era stato omesso il corretto riparto dell'onere della prova previsto dagli articoli 1227 e 2056 c.c.. La decisione è stata quindi annullata e rinviata alla Corte d'appello per una nuova valutazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza (ud. 3 giugno 2025) 10 luglio 2025, n. 18903