AMBIENTE: NON BASTA LA BUONA VOLONTÀ PER IL RAVVEDIMENTO OPEROSO
Nei reati ambientali l'attenuante a effetto speciale del ravvedimento operoso consiste in una condotta che deve avere inizio prima dell'apertura del dibattimento di aiuto dell'imputato all'ambiente che non può esaurirsi in una mera attivazione priva di ogni effetto poiché, oltre alla buona volontà, occorrono anche i risultati.
Quando il Legislatore ha introdotto nei reati ambientali la circostanza attenuante speciale del ravvedimento operoso consistente nell'adoperarsi per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori ha voluto riconoscere rilevanza già soltanto alla buona volontà dell'imputato oppure ha voluto richiedere un quid pluris nella condotta dell'imputato che
richiede un'attivazione nel senso di salvaguardare l'ambiente e, quindi, il raggiungimento di un risultato?
A sciogliere il dubbio – a favore di una lettura non riduttiva della fattispecie - è stata la Terza sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12514 del 1° aprile 2025.
Nel caso di specie veniva il rilievo un processo all'esito del quale gli imputati erano stati condannati, per quel che qui più rileva, in concorso tra loro, per il reato di inquinamento ambientale di cui all'art. 452- bis cod. pen.
Uno dei motivi del ricorso per cassazione degli imputati era consistito nella doglianza del mancato riconoscimento del ravvedimento operoso.
Secondo la difesa, infatti, i giudici di merito avrebbero dovuto valorizzare la collaborazione degli imputati che avevano proceduto alla messa in sicurezza delle aree oggetto del processo anche alla luce del fatto che essi non avrebbero potuto procedere in via autonoma ad un'attività di bonifica.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza (ud. 13 febbraio 2025) 1° aprile 2025, n. 12514