Diritto al buono pasto solo se previsto dal contratto collettivo

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 5547 del 1° marzo 2021, ha stabilito che il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce un'erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore. Proprio per tale natura, il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono.
Di conseguenza, esso deve essere informato sulla base della disposizione del CCNL, ai sensi della quale il pasto deve essere consumato al di fuori dell'orario di lavoro e il tempo a tal fine impiegato è rilevato con i normali strumenti di controllo dell'orario e non deve essere superiore a trenta minuti. Da essa si deduce che la fruizione del pasto - ed il connesso diritto alla mensa o al buono pasto - è prevista nell'ambito di un intervallo non lavorato, mentre diversamente non potrebbe esercitarsi alcun controllo sulla durata.