117mila licenziamenti da marzo a fine 2020 e ora continuano
Licenziamenti, 117mila da marzo a fine 2020 e ora proseguono. I licenziamenti sono sempre attuabili, nonostante il blocco.
La legge sul lavoro norma diversamente i licenziamenti a seconda del numero dei dipendenti di un’azienda. Se un’azienda intende interrompere il rapporto lavorativo per cinque dipendenti o più è un caso di licenziamento collettivo. Che per essere attuato prevede una trattativa con i Sindacati. Della durata di 45 giorni dal suo avvio.
Questa procedura attualmente è vietata. A meno che non si tratti di un cambio di appalto. Che prevede subito la riassunzione di tutti i lavoratori coinvolti.
Il licenziamento individuale può avvenire per ragioni economiche. Oppure organizzative. Anche questa tipologia di licenziamento attualmente è vietata.
Entrambe le forme di blocco dei licenziamenti sono state previste dal Decreto Cura Italia sull’occupazione del 17 marzo 2020. Prorogato già tre volte dalle norme emergenziali, tale decreto è valido ancora. Fino al 30 giugno 2021.
Tuttavia, successivamente al Decreto Agosto (DL 104/2020) il Governo ha inserito delle eccezioni che hanno consentito e consentono agli imprenditori di tutte le dimensioni, di cessare i rapporti di lavoro, nonostante il divieto generale.
Queste eccezioni hanno permesso alle imprese in difficoltà, tra marzo e novembre 2021, di effettuare oltre 117mila licenziamenti. Ma senza il Decreto, dicono gli osservatori, sarebbero stati almeno 600mila.
I LICENZIAMENTI PER CESSAZIONE E PER MOTIVI DISCIPLINARI
È possibile il licenziamento per cessazione dell’attività definitiva d’impresa senza continuazione. Anche parziale. Molte società commerciali e piccole produzioni hanno chiuso i rapporti in questo modo. Poiché non era possibile raggiungere un accordo. O concordare dimissioni volontarie del lavoratore.
Una parte degli ex imprenditori ha già trovato un lavoro come dipendente.
È possibile il licenziamento per motivi disciplinari effettuati al termine della procedura prevista dall’articolo 7 della Legge 300/1970. Allorquando il lavoratore abbia commesso un grave inadempimento agli obblighi contrattuali tale da meritare una sanzione espulsiva.
Questi si dividono in due classi. I licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. E i licenziamenti per giusta causa.
C’è anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto. Ai sensi dell’art. 2110 del codice civile. Che risulta escluso dallo stesso legislatore (articolo 7, comma 7 della Legge 604/1966) dalle fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
LICENZIAMENTI, 117MILA DA MARZO A FINE 2020 E ORA PROSEGUONO
È possibile anche il licenziamento durante o alla fine del periodo di prova. Quando si assume un nuovo dipendente. Nonché quella di un apprendista al termine del periodo di apprendistato.
Sono possibili i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo d’età per la fruizione della pensione di vecchiaia. Il licenziamento del dirigente d’azienda o del lavoratore domestico.
È possibile anche il licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro. Se c’è stata una precedente risoluzione del rapporto associativo. Bisogna rispettare le specifiche previste dallo statuto societario. E dal regolamento della cooperativa.